La crisi petrolifera del 1973 inaugura una nuova epoca, un periodo intriso di paure ma anche di nuove speranze. Il crollo economico e la brusca fine di quei fiorenti trent’anni, restati nella storia come «i trenta gloriosi», offrono terreno fertile alle voci critiche.
Nel 1975 migliaia di attivisti occupano il cantiere su cui doveva sorgere la centrale nucleare di Kaiseraugst, nel Cantone di Argovia. Nel 1979, la corsa agli armamenti nucleari tra le due Superpotenze, a Est e a Ovest, raggiunge un nuovo livello di escalation, con la doppia decisione della NATO. Gli scenari di un’Europa devastata dal nucleare spingono la gente a scendere nelle strade, masse di manifestanti si mobilitano per protestare contro l’uso militare e civile dell’energia atomica.
I giovani, in fermento, chiedono più spazi liberi da dedicare alla cultura alternativa. Il culmine è raggiunto nel 1980, con la cosiddetta Opernhauskrawalle, il «tumulto» durante il quale la piazza attorno al Teatro dell’Opera di Zurigo è messa a ferro e fuoco. Ben presto i giovani fanno sentire la propria voce anche in altre città della Svizzera, con l’occupazione di case e terreni. Parallelamente, ecco sorgere cooperative e imprese che cercano di stabilire, in modo pragmatico, nuove forme di convivenza e attività economiche a livello locale.
La volontà, palesata, di portare le preoccupazioni sociali ed ecologiche dalla strada alle istituzioni porta alla nascita di una grande miriade di nuove organizzazioni. I Verdi, Greenpeace, il VCS o CasaFair (ex Hausverein Schweiz/HabitatDurable Suisse) sono tutti figli di questa generazione.
Negli anni Ottanta, l’alleanza intessuta tra le voci critiche ottiene più volte successo, a grande sorpresa, sia in Parlamento che alle urne. Nel 1980 entra in vigore la legge federale sulla pianificazione del territorio, seguita nel 1985 dalla legge federale sulla protezione dell’ambiente. Il fatto che, nel 1987, con l’adozione dell’«Iniziativa Rothenthurm» le preoccupazioni ecologiche abbiano potuto avere la meglio sugli interessi militari e che, due anni dopo, il 35 per cento degli aventi diritto di voto si sia espresso a favore dell’abolizione dell’esercito, scuote le fondamenta di una Svizzera che, fino ad allora, era stata fortemente influenzata dalla Difesa spirituale.
Durante gli anni Novanta, sul piano nazionale, i venti cominciano a soffiare in un’altra direzione. Nel 1991, una formazione della destra borghese, il cosiddetto «Partito degli automobilisti», ottiene otto seggi in seno al Consiglio nazionale. Un anno più tardi, il partito dell’Unione democratica di centro (UDC), riunito attorno alla figura di Christoph Blocher, impedisce praticamente da solo l’adesione della Svizzera allo Spazio economico europeo (SEE), trasformandosi nel partito più forte del Paese. Nei centri urbani, invece, le alleanze rosso-verdi ottengono la maggioranza a livello parlamentare. Il fossato tra la città e la campagna si fa, insomma, sempre più ampio.